Sotto la pioggia gentile by Ólafur Ólaffson

Sotto la pioggia gentile by Ólafur Ólaffson

autore:Ólafur Ólaffson [Ólaffson, Ólafur]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EINAUDI
pubblicato: 2023-09-14T12:00:00+00:00


«Irasshaimase! Irasshaimase!»

Siamo atterrati. Allo sbarco, l’aeroporto manda ad accoglierci tre persone: due donne e un uomo, che con un inchino ci dànno il benvenuto. Portano una mascherina, come buona parte dei passeggeri. Non mi è venuto in mente di procurarmene una prima del decollo da Heathrow, ma mi è stata fornita dalle assistenti di volo, perciò per il momento ne sono equipaggiato.

In aeroporto c’è poca gente e le procedure si sbrigano in un baleno. Da ogni parte il personale mi saluta cordialmente, perfino l’agente della polizia di frontiera, che mi racconta che nella sua carriera non ha visto molti passaporti islandesi.

Questa è la mia prima visita in Giappone. Parecchie volte sono stato sul punto di prenotare il volo, per poi cambiare idea all’ultimo minuto. Sarei potuto venire qui senza cercare di ricontattare Miko, limitandomi a fare il turista, ammirare i templi di Kyōto e Nara, il palazzo imperiale di Tōkyō, provare la vita notturna di Shinjuku, magari spingermi addirittura fino a Hokkaidō, l’isola del nord, per vedere le città portuali di Hakodate e Otaru, famose per l’ottimo pesce, e in particolare per il riccio di mare, che per me è una vera prelibatezza. Avrei potuto fare escursioni nella regione montuosa del Kōya, per esempio seguendo l’antico sentiero dei pellegrini, e stare alla larga da Hiroshima, per non lasciarmi cogliere dalla tentazione di trascorrervi anche soltanto una minima parte di giornata. E invece ho resistito, perché sapevo che non sarei stato capace di tenermi a freno, neppure se avessi viaggiato insieme ad Ásta.

Con questo non voglio certo lasciar intendere che sapessi che fine avessero fatto Miko e Takahashi-san. Non ne avevo la minima idea. Non era neppure detto che si trovassero in Giappone, anche se la scelta piú ovvia era quella. O una delle città inglesi nelle quali mi ero ostinato a cercarli dopo la loro sparizione.

Anche dopo il mio ritorno in Islanda ho continuato ad accumulare libri e altre cose sul Giappone, fonti di vario genere, guadagnandomi la fama di grande nipponista. Certo, le mie conoscenze in materia sono superiori a quelle del cittadino medio, ma senza esagerare: sono comunque piuttosto limitate. E infatti tengo a sottolineare che non le ho mai sbandierate, semmai era Ásta a non perdere occasione per tirare in ballo questa mia passione. A sentirla parlare sembrava non avesse nulla in contrario. Ma io, ovviamente, sapevo. Sapevo che non la sopportava, ed è per questo che quando è sparita l’antologia di haiku che tenevo sempre sul comodino ho nascosto in vari scatoloni quasi tutto il resto del materiale che avevo raccolto; non solo i libri, ma anche le videocassette con i film di famosi registi, del calibro di Kurosawa, Ozu, Shōhei Imamura e Kaneto Shindō – di quest’ultimo avevo anche I bambini di Hiroshima. Nella mia collezione c’erano documentari di ogni genere: turismo, storia, cucina, ornitologia, buddhismo, figulina, tanto per fare qualche esempio. Alcuni erano in giapponese, senza sottotitoli, ma a guardarli ne ricavavo ugualmente qualcosa.

Inoltre ho tenuto da parte alcuni volumi e videocassette in un armadietto del Torg, nel mio ufficio.



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